Il 1866 consegna Udine e buona parte del Friuli al Regno d’Italia
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LUGLIO
2016
dal “Messaggero Veneto”.
A sbloccare il dominio austriaco è la vittoria a Sadowa In agosto Quintino Sella s’insedia come Commissario regio
di VALERIO MARCHI
Il 1866 consegna Udine e buona parte del Friuli al Regno d’Italia.
Ma, prima di calarci in quel fatidico anno, occorre almeno accennare ai gloriosi e sfortunati Moti friulani dell’autunno 1864.
Antonio Andreuzzi di Navarons, suo figlio Silvio, Titta Cella, Marziano Ciotti, Francesco Tolazzi: questi sono solo alcuni dei valorosi patrioti, mazziniani e garibaldini, che, mossi da un disegno di largo e moderno respiro (una federazione europea democratico-repubblicana di popoli liberi), tentano di far sollevare Trentino, Cadore e Friuli. L’impresa fallisce, suscitando valutazioni discordi; comunque sia, conserva tratti quasi leggendari e guadagna un’ampia risonanza: basti dire che un anno dopo Luigi Mercantini (autore di componimenti quali l’Inno di Garibaldi e La spigolatrice di Sapri) la immortalerà nel poema Le rupi del Dodismala.
Il 1865 scorre tra sconforti e speranze, in un’attesa febbrile, non senza prospettive di nuove agitazioni e sollevazioni. Nondimeno, la questione veneta è sempre più al centro dei colloqui tra le diplomazie europee, suscitando l’interesse della popolazione verso una soluzione dall’esterno.
Ed è proprio nel crescente contrasto fra l’Austria e la Prussia che va collocata, nel 1866, l’alleanza tra quest’ultima e l’Italia (8 aprile): è il preludio della Terza guerra d’indipendenza, che comincia quando l’Italia stessa, dopo l’inizio delle ostilità fra austriaci e prussiani, dichiara guerra ai primi (20 giugno).
A parte l’avanzata in Trentino di Garibaldi e dei suoi volontari (interrotta, però, dall’ordine del generale La Marmora il 9 agosto, in vista dell’imminente armistizio di Cormons) e qualche altro frangente propizio, dal punto di vista militare ne usciamo umiliati (Custoza, 24 giugno; Lissa, 20 luglio).
È solo grazie alla vittoria prussiana a Sadowa (3 luglio) e alla mediazione di Napoleone III che otterremo dall’Austria il Veneto e il Friuli centro-occidentale.
Intanto gli austriaci, più preoccupati per altri fronti di guerra, iniziano ad andarsene, mentre delegati udinesi si recano a Rovigo per omaggiare il Re d’Italia.
A Udine, il 24 luglio, distrutte le insegne austriache, viene issato il tricolore sul castello; il 25 entrano in città i primi soldati italiani (Lancieri d’Aosta) e finalmente, il 26, le truppe del generale Cialdini.
La Rivista friulana annuncia: «L’odiosa dominazione austriaca è caduta fra la esecrazione universale», auspicando: «Uno splendido, grande avvenire ci si schiude dinanzi».
A inizio agosto Quintino Sella s’insedia come Commissario regio nella provincia di Udine per affratellarla alle altre del Regno e per «promuovere tutto ciò che giovi allo sviluppo morale, intellettuale e materiale» (così annuncia egli stesso).
Rimarrà per oltre quattro mesi, fronteggiando nuove pressioni asburgiche e lasciando un buon ricordo, nonostante le notevoli difficoltà di una realtà complessa, periferica, economicamente fragile.
Nel frattempo Prussia e Austria firmano l’armistizio, ma lasciano in sospeso la situazione dell’Italia, la quale, incapace di continuare da sola, il 12 agosto s. tipula a Cormons l’armistizio con l’Austria, congelando la situazione militare in atto, con gli italiani fino alle porte di Gradisca.
Per il momento rimangono agli austriaci comuni quali Tolmezzo, Moggio, Gemona, Tarcento, Cividale. «Non ho mai più versato lacrime tanto cocenti», scriverà Caterina Percoto.
Infine, dopo la pace di Vienna (3 ottobre), che sposta il confine italiano sulla linea dell’Isonzo (con la clausola «sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate»: ma del plebiscito dell’ottobre
1866 riferiremo a tempo debito), rimarranno sotto l’Austria il Friuli orientale, il resto della Venezia Giulia e il Trentino. E le “terre irredente”, com’è noto, saranno al centro di acute tensioni sia all’interno del Paese sia nei confronti dell’Austria.