Quel XX Settembre dimenticato: celebrava la breccia di Porta Pia
20
SETTEMBRE
2018
dal “Messaggero Veneto”.
Nel Paese unito la data fu introdotta dal parlamentare udinese Riccardo Luzzatto Dopo i Patti Lateranensi e la conciliazione tra la Chiesa e lo Stato, fu abolita
di VALERIO MARCHI
Il “XX Settembre” è, con il “IV Novembre” e il “XXV Aprile”, una delle date più diffuse nella toponomastica italiana; tuttavia, non è facile trovare chi ne conosca bene il significato.
In epoca risorgimentale, un tornante decisivo nel percorso di politicizzazione della vita pubblica e di sacralizzazione della politica emerse dallo scenario simbolico-rituale romano.
Circa l’importanza attribuita a Roma, poi, basti pensare alla Repubblica romana mazziniana che, nata nel febbraio del 1849, cadde nel luglio successivo (cioè quando, con Pio IX in esilio a Gaeta, vi pose fine l’esercito francese di Napoleone III); oppure alle spedizioni garibaldine che, al grido di «Roma o morte!», tentarono invano – con l’apporto anche di patrioti friulani – di prendere la Città eterna nel 1862 e nel 1867.
Furono gli sviluppi internazionali, con la Francia assorbita dal rovinoso conflitto con la Prussia, ad imprimere una svolta alla “questione romana”, ossia al conflitto per la sovranità di Roma tra la Santa Sede da una parte e, dall’altra, il movimento nazionale italiano prima, lo Stato unitario poi.
La spedizione decisa dal governo italiano nel 1870 decretò, con la Breccia di Porta Pia (20 settembre, per l’appunto) e con la presa di Roma, la fine dello Stato pontificio; il 2 ottobre seguente, un plebiscito sancì l’annessione di Roma e del Lazio, ma il papa rifiutò un accordo offertogli e si ritenne prigioniero politico.
Nel 1874, poi, dichiarò inaccettabile per i cattolici partecipare alle elezioni e, in generale, alla vita politica dello Stato.
Nell’Italia unita, la variazione più notevole del calendario festivo fino alla Grande Guerra fu apportata dalla legge del 19 luglio 1895, numero 401 (nell’occasione, per inciso, fu segretario della Commissione alla Camera l’udinese Riccardo Luzzatto), con la quale, 25 anni dopo la Breccia, la data della presa di Roma divenne festa civile nazionale.
La ricorrenza fu però abolita dopo che furono sottoscritti i Patti Lateranensi del 1929 (Conciliazione fra Stato italiano fascista e Chiesa cattolica) per soddisfare Papa Pio XI, che definì Mussolini «l’uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare» per ridare «Dio all’Italia e l’Italia a Dio»…
Oggi, nonostante alcune proposte di ripristino della festività del XX Settembre, espresse anche in tempi recenti, non sono in molti ad avere a cuore la questione, che fu invece scottante soprattutto tra fine Ottocento e inizio Novecento.
Essa, infatti, coagulava molte delle tensioni dell’epoca post-risorgimentale, nel quadro dell’aspro contrasto fra il mondo clericale da un lato e quello laico, spesso fieramente anticlericale, dall’altro.
Ciò riguardava anche il Friuli, dove la stampa cattolica sosteneva che «i principali promotori» della festa erano «i giudei massoni, degni figliuoli degli antichi giudei apostati» e colpevoli del «degrado profondo» in cui la società era caduta.
La «giornata nefasta» del XX Settembre segnava dunque, per il mondo cattolico, «il trionfo della forza brutale contro il diritto» e «l’inizio in Italia dell’era dei delitti, della demoralizzazione, dello sfacelo».
Sempre a Udine – dove nel 1898 sorse perfino una “Lega XX Settembre di propaganda liberale” –, la pubblicistica della sponda opposta (liberali, radicali, democratici e socialisti, ma anche protestanti) esaltava «la festa più bella della nazione», il giorno della caduta dell’«odiato potere temporale dei papi», accusati di aver sempre dominato «da tiranni crudeli in nome di Cristo», da nemici di «ogni libertà e ogni concetto unitario».
Il XX Settembre incarnava perciò la restituzione all’«Italia redenta» della sua «capitale intangibile» (Roma era Capitale dal febbraio 1871).
Le celebrazioni ventisettembrine friulane furono talora anche all’origine di veri e propri disordini, ma questo avremo eventualmente modo di raccontarlo in un’altra occasione.