Mussolini in visita a Udine e Trieste: fu il tragico annuncio della Shoah italiana
4
SETTEMBRE
2018
dal “Messaggero Veneto”.
In piazza Unità parlò delle leggi razziali acclamato dalla folla. Il Friuli in orbace promise «dedizione assoluta e sacrificio»
di VALERIO MARCHI
UDINE. Coloro che che guidano i popoli «non devono declinare le loro responsabilità, ma assumerle in pieno», imboccando di fronte ai problemi più «tormentosi» una via «totalitaria»: con premesse di questo tipo Mussolini, in una piazza Unità straripante di folla, annunciava a Trieste il 18 settembre di ottant’anni fa l’urgenza di risolvere il «problema razziale», rivendicando l’originalità e la lunga durata del razzismo italiano. E fra le «razze non ariane» – sosteneva il duce – l’ebraismo era sempre stato «un nemico irreconciliabile del fascismo»…
Trieste, che con la sua posizione geopolitica e la presenza di un’importante Comunità ebraica non era stata scelta per caso, conosceva bene l’intolleranza e la violenza del nazionalismo italiano contro i gruppi minoritari già prima del fascismo. E del fascismo sono noti, a esempio, i provvedimenti contro la minoranza slovena, in nome di un’italianità dipinta come una fantomatica civiltà superiore, rinvigorita dal regime.
Inoltre, con la nascita dell’Impero e l’adozione di norme razziste in relazione ai “sudditi” dell’Africa Orientale Italiana, il «prestigio» italiano esigeva una «chiara, severa coscienza razziale» per sancire «superiorità nettissime», come avrebbero ribadito sia la “Dichiarazione sulla razza” del Gran Consiglio del Fascismo (6 ottobre 1938) sia l’intera legislazione antiebraica successiva.
A inizio settembre 1938 erano già stati emanati decreti «per la difesa della razza nella scuola fascista» e «nei confronti degli ebrei stranieri». Nell’agosto precedente, un Censimento di tipo razzista aveva posto basi pratiche e burocratiche per discriminare e perseguitare gli ebrei. Il supporto pseudoscientifico era arrivato invece a metà luglio dal “Manifesto degli scienziati razzisti”, vergognosamente sottoscritto da dieci “esperti” e, in seguito, da numerose altre personalità.
Questi esempi concorrono a mostrare che il discorso di Mussolini a Trieste rappresentò l’accelerazione e la svolta decisiva verso la Shoah di casa nostra: oltre alle capillari vessazioni e discriminazioni, che devastarono la vita di decine di migliaia di cittadini perfettamente integrati nel nostro Paese, dopo l’8 settembre 1943 saranno più di 8mila gli ebrei catturati, oppressi, spogliati dei loro averi, uccisi in Italia o deportati verso destinazioni dalle quali, nell’oltre il 90% dei casi, non avrebbero più fatto ritorno.
Dopo Trieste, nei giorni 20-21 Mussolini attraversò in Friuli Cividale, Udine, Cervignano, Aquileia e Torre di Zuino (Torviscosa dall’ottobre 1940), dove inaugurò il primo nucleo del famoso stabilimento e alcuni fabbricati cittadini. L’organo del Pnf “Il Popolo del Friuli” asserì che la nostra terra poteva offrire al duce «dedizione assoluta e sacrificio senza misura», frutto di «spiriti da Lui forgiati». E «Lui» era tornato in Friuli 16 anni dopo quel 20 settembre 1922 in cui aveva levato a Udine il grido che – nei ricordi del giornale fascista – riassumeva «fede, speranza e grandezza della razza: Roma!» (la marcia sulla Capitale, si sa, risale al 28 ottobre 1922).
Sempre nel 1938, il “Popolo del Friuli” osservava che anche nel passato si era «sentita la necessità di severi provvedimenti nei confronti dei giudei» per la «tutela della nostra razza»; poi, denunciando un’immaginaria propensione ebraica alla destabilizzazione dell’ordine statale e sociale, scriveva che la cultura ebraica cozzava con «le tradizioni e lo spirito dell’Italia antica e nuova», che gli ebrei avevano uno «spirito invadente e settario», che le poche brave persone fra di loro non bastavano a «far dimenticare i caratteri salienti di tutta la razza», e così via.
Alle parole seguirono purtroppo i fatti: ed è sempre questo il potenziale esito di sospetti, odi, pregiudizi e paure di ipotetici nemici “costruiti” dalla propaganda politica.