«Basaglia, Cotti e Fortuna ispiratori del ’68»
30
AGOSTO
2018
dal “Messaggero Veneto”.
Il professor Enrico Petris è autore del libro, appena uscito, “Margini del 1968. Profeti e servizi segreti”, edito da Asterios, con un notevole saggio del professor Pier Luigi D’Eredità sull’economia friulana dal dopoguerra al boom economico.
di VALERIO MARCHI
Incuriosisce il titolo: perché “Margini del 1968”?«Ho voluto esplorare non tanto la sostanza del ’68, di cui sappiamo tutto o quasi, quanto ciò che, pur non stando al di fuori, cade ai bordi degli eventi: sia il fermento inquieto del mondo cattolico sia le trame oscure delle forze eversive atlantiche e neofasciste furono infatti fenomeni più sfumati rispetto ai movimenti di contestazione giovanile prevalenti, ma ci furono».- Dunque due movimenti ai margini e dimenticati?«Sì, e sono movimenti che nel ’68 sono attivi non solo in Italia. Soprattutto i secondi, che spesso commissionano il loro lavoro ad altri. Il subappalto è già intelligence. Ma solo in Italia la contestazione gettò la sua ombra sul decennio successivo. Da noi però non ci furono vittime nel 1968 e la repressione fu sostanzialmente blanda». -E in Friuli?«Sinora gli studi hanno posto l’accento quasi solo sulla contestazione studentesca. Io ho provato a guardare anche al mondo del lavoro, sia quello regolato dagli accordi fra le parti sociali sia quello nuovo di chi vola intorno al nido del cuculo».- Cioè gli ospedali psichiatrici?«Sì. A Gorizia, Trieste e Cividale Basaglia e Cotti sono due dei protagonisti di punta degli anni della contestazione intorno al ’68. Accanto a loro poi c’è una delle due migliori teste pensanti (l’altro è Cefis) che ha avuto il Friuli: Loris Fortuna, la cui marginalità risulta solo dal disinteresse generale in cui viene tenuto».- Ci siamo dunque dimenticati che tali esperienze maturarono in quegli anni…«Questi tre intellettuali, non friulani, sono il massimo espresso dal periodo della contestazione in regione. Sono gli uomini che fanno le cose più determinanti: non nelle scuole, non nelle piazze, ma negli ospedali psichiatrici e in Parlamento». – Mondo del lavoro, parrocchie, manicomi… ma anche l’intellettuale classicamente inteso.«Certo: scrittori, artisti e filosofi hanno un ruolo da giocare. Ma forse è stato più importante quello di psichiatri e politici. Sugli intellettuali poi mi resta un sospetto: che a scatenare il caos del ’68 sia stato un filosofo come Marcuse, che per quindici anni aveva collaborato con agenzie di intelligence variamente camuffate, è sorprendente».- È un libro sul Friuli, ma non solo…«In effetti, la sfida della contestualizzazione mi ha spinto ad allargare l’orizzonte all’Italia e ad altri paesi, fino ad indagare ciò che hanno fatto concretamente i profeti del ’68: Pasolini, Sartre e Marcuse».