Con la mamma fino all’ultimo l’esempio d’amore di Amalia
20
AGOSTO
2018
dal “Messaggero Veneto”.
La straziante vicenda dall’udinese Elvira Schönfeld Piccoli e di sua figlia La deportazione e la morte a Birkenau, dopo essere passate per San Sabba
di VALERIO MARCHI
Nei primi tre articoli dedicati agli ebrei friulani colpiti dalle leggi razziali fasciste e dalle persecuzioni, abbiamo ricordato le figure di Elio Morpurgo e della sua famiglia, dell’ingegner Roberto Gentilli ed di Ettore Sachs, nativo di Gonars.
Una vicenda straziante, emblematica delle conseguenze delle leggi fasciste antiebraiche del 1938 e dei successivi sviluppi storici: la deportazione, da Cividale del Friuli, dell’ebrea udinese Elvira Schönfeld Piccoli e di sua figlia Amalia, nata a Cividale.
All’epoca, Elvira era vedova. Nel 1906 si era convertita per potersi sposare con il cattolico Nicolò Piccoli, ma ciò non bastò per eludere i criteri biologici delle normative razziste.
Il 22 aprile del 1944, un sottoufficiale e due soldati del servizio di sicurezza delle SS la prelevarono dalla sua abitazione di Cividale, illudendola che sarebbe stata ricondotta a casa dopo un interrogatorio a Udine.
Amalia, che non era costretta a seguire la madre, decise comunque di accompagnarla. Poi, alla partenza forzata dalla stazione di Udine verso Trieste, tentò di informare la famiglia gettando un biglietto dal vagone; un coraggioso ferroviere lo raccolse e lo consegnò alla pittrice Teresa Zuliani Dorigo (santola di Amalia) che, a sua volta, informò Alfredo Piccoli (fratello di Amalia).
Le sventurate (68 anni la madre; 23 la figlia, che era nubile), dopo essere passate da San Sabba e dal carcere del Coroneo, partirono da Trieste con 150 altri deportati il 27 aprile e morirono alcuni giorni dopo a Birkenau. Amalia avrebbe potuto salvarsi accettando il lavoro coatto, ma scelse di seguire la mamma fino all’ultimo: un atto che illumina uno dei frangenti più tenebrosi della nostra storia, offrendo a tutti un’alta ispirazione morale di cui c’è oggi molto bisogno.
I famigliari fecero di tutto per avere notizie delle loro congiunte, sinché nell’ottobre 1945 Sandro Krao, un sopravvissuto di Fiume, raccontò il tragico viaggio fatto assieme alle due donne e la loro fine: all’arrivo ad Auschwitz Elvira si reggeva a stento; Amalia la sosteneva e le infondeva coraggio, ma furono subito avviate alle camere a gas.
Sempre nell’ottobre 1945, riferendo questi fatti, il giornale “La Voce del Natisone” scrisse: «Agli italiani così facili a scordare gli orrori del fascismo, un monito e un avvertimento». A maggior ragione adesso, tanti anni dopo…
“Avere un altro colore della pelle o professare un’altra religione non vuol dire essere diversi. Siamo tutti eguali, con gli stessi diritti e doveri, cittadini di un mondo che il continuo progresso tecnologico rende sempre più piccolo”: è questo il messaggio dei discendenti, in primis Romano e Giampaolo Piccoli, figli di Alfredo, nel prezioso libretto “Elvira e Amalia. Storia di un gesto d’amore”, edito nel 2017 dalla Grafic Style di Moimacco con il coordinamento editoriale di Mario Brandolin.
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