Fu tutta colpa di Cadorna? La Storia rilegge Caporetto
1
SETTEMBRE
2017
dal “Messaggero Veneto”.
Si moltiplica la pubblicistica in avvicinamento alla data del centenario 24 ottobre 1917: Lucchini e Falsini analizzano la tragica disfatta nazionale
di VALERIO MARCHI
Un libro per l’estate. Anzi due, usciti entrambi recentemente e sullo stesso soggetto: Caporetto, la sconfitta più dolorosa ed emblematica della storia nazionale italiana, dopo la quale il vocabolario si è arricchito di una parola che indica «disastro, fallimento totale, fuga rovinosa…».
“A Caporetto abbiamo vinto” è una rilettura documentata, già dal titolo provocatoria, proposta in modo serio e divulgativo al tempo stesso. Utilizzabile – perché no – anche nelle scuole.
Ripercorre le cause e lo sviluppo dei fatti, l’impatto sull’opinione pubblica e la memoria dell’evento attraverso un riuscito montaggio di voci di soldati, giornalisti, politici, scrittori e storici, integrate da una quantità di fotografie, cartoline e manifesti d’epoca che Stefano Lucchini ha raccolto con passione di collezionista.
Caporetto ha suscitato interpretazioni polemiche, censure e revisioni che ne hanno spesso distorto il significato.
Dopo duri scambi di accuse e la Commissione d’inchiesta istituita nell’immediato dopoguerra (che attribuì ad alcuni generali, in primis Luigi Cadorna, la responsabilità dell’accaduto), il fascismo volle seppellire il ricordo della disfatta (da più parti presentata come segno di un vizio di fondo del carattere degli italiani) e riabilitare il «generalissimo»: la rotta fu allora dipinta come una ritirata strategica per resistere meglio alle ultime sfuriate nemiche e porre le basi dell’«Italia di Vittorio Veneto».
Tuttavia, un «travisamento provvidenzialistico» può essere accolto solo in questa chiave: occorreva un tracollo di tale portata per liberare l’Italia dalla dittatura di Cadorna. “A Caporetto abbiamo vinto”, sì, perché ci siamo liberati di lui.
Nel 2011, anno di celebrazioni per i 150 anni dello Stato unitario, Udine ha cambiato nome a piazzale Luigi Cadorna, denominandolo piazzale Unità d’Italia.
Lucchini si rifà sia a questo fatto sia a Ferdinando Camon (il quale, esprimendo la vergogna di attraversare luoghi intitolati a Cadorna, scrisse che era giunto il momento di considerare quanto le sue imprese siano state «semplicemente tragiche, di una tragicità prevista o accettata, e in definitiva colpevole») e afferma: «Sì, quel momento è giunto, e questo libro aggiunge la sua voce alle tante che chiedono di togliere il nome di Cadorna dalle vie e dalle piazze italiane».
Con “Processo a Caporetto”, Luca Falsini avanza un vero e proprio atto d’accusa contro lo Stato maggiore dell’esercito.
I documenti della sopra citata inchiesta si arricchiscono qui di fonti inedite: note e appunti personali dei componenti della Commissione, bozze preliminari di giudizi secretate e stralciate dalla relazione ufficiale.
Emergono nuovi elementi sulle responsabilità degli uomini di governo e dei generali al comando (Cadorna, Capello, Cavaciocchi, Badoglio…).
Ma vi furono responsabilità rilevate dalla Commissione che, per logiche politiche, vennero poi taciute.
Di notevole interesse la ricostruzione sia degli scontri interni alle alte gerarchie militari sia dei complicati rapporti tra il potere militare e quello politico.
Nello scenario delineato, Caporetto – che ebbe peraltro l’effetto di accelerare i processi autoritari anticipatori del regime fascista – si conferma «un passaggio imprescindibile per ogni riflessione sulla nostra storia contemporanea»; nondimeno, l’autore non offre una visione «caporettocentrica», giacché Caporetto «non è la chiave interpretativa della nostra guerra e ancor meno ne rappresenta l’esito finale».
La nostra guerra «non fu solo crisi, sconfitta, diserzione e resa»: un contributo che accresca la già nutritissima letteratura in materia non può trascurare il valore, i sacrifici, la tenacia e l’abnegazione di tanti italiani, anche sul fronte interno, fino alla vittoria.