Benedetto XV e il suo urlo contro la guerra
30
LUGLIO
2017
dal “Messaggero Veneto”.
«Riflettete sulla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e agli uomini»: così, il 1° agosto 1917, con l’Esortazione apostolica nota come “Lettera ai Capi dei popoli belligeranti”, papa…
di VALERIO MARCHI
«Riflettete sulla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e agli uomini»: così, il 1° agosto 1917, con l’Esortazione apostolica nota come “Lettera ai Capi dei popoli belligeranti”, papa Benedetto XV (al secolo Giacomo della Chiesa: 1854-1922), si rivolse ai reggitori delle nazioni in guerra.
Arcivescovo di Bologna dal 1907 e cardinale dal maggio 1914, il Dalla Chiesa divenne papa il 3 settembre 1914, poche settimane dopo l’inizio della Grande guerra. Di vedute meno intransigenti di quanto molti auspicavano, fu eletto in modo imprevisto, sebbene la sua notevole esperienza nella diplomazia pontificia lo favorisse.
Di lui, generalmente, si parla solo per citare la formula contenuta in quel documento di cent’anni fa, in cui indicò misure atte a fermare l’«inutile strage» (che, peraltro, opponeva cattolici a cattolici) e favorire una «pace giusta e duratura». In realtà la sua opera, un po’ svalutata, forse in qualche modo “appiattita” sulla guerra, è più ricca di quanto si pensi.
Quel che è certo è che Benedetto XV si espresse contro la guerra in modo radicale e coraggioso all’interno della Chiesa di Roma e di un mondo cattolico che appariva diviso, segnando una strada decisiva. Auspicò, fra le altre cose, una soluzione di diritto pubblico internazionale e accordi tramite arbitrati e mediazioni, per ristabilire le ragioni del diritto al posto di quelle delle armi. Si può dire che fu lui a “inventare” sia il pacifismo papale (anche se per certi aspetti è difficile parlare di pacifismo evangelico come tratto distintivo della sua posizione) sia una scelta di piena neutralità (che, tuttavia, non sempre avrebbe funzionato in seguito). Scorse altresì, con la fine del conflitto, il pericolo già insito nella pace imposta agli sconfitti.
Mentre quasi tutti dicevano che la guerra sarebbe stata rapida e non disastrosa, Benedetto XV ebbe invece l’idea opposta. Seppe inoltre sintonizzarsi come pochi altri con le tragedie della povera gente e promosse un modello di opere di soccorso che avrebbe consentito alla Chiesa romana di proporsi come la voce di chi non ha voce.
Eletto papa, si espresse subito chiaramente, in primis con l’Esortazione “Ubi Primum” (8 settembre 1914) e l’Enciclica “Ad Beatissimi Apostolorum” (1 novembre 1914). Oltre a promuovere svariate azioni concrete (dalla proposta – rifiutata – della tregua di Natale nel 1914, all’accordo con la Svizzera per l’ospitalizzazione di feriti e malati di ogni paese belligerante, all’iniziativa di beneficenza per i bambini del Belgio…), descrisse lo «spettacolo più tetro forse e più luttuoso nella storia dei tempi», sorto da degenerazioni quali i nazionalismi esasperati, l’odio di razza, l’ingiustizia dei rapporti fra le classi sociali, l’idolatria materialista… Quindi, citando il capitolo 24 del Vangelo di Matteo («Sembrano davvero giunti quei giorni dei quali Gesù predisse: “Sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre. Infatti si solleverà popolo contro popolo, regno contro regno”…»), scongiurò di considerare «quante lacrime e quanto sangue» erano già stati versati, e di affrettarsi a ridare ai popoli la pace.
Esattamente cinque secoli fa, quando Lutero aprì senza volerlo la via a feroci lotte religiose in Europa, il grande umanista cattolico Erasmo da Rotterdam scrisse “La guerra è bella per chi non ne ha esperienza”: un appello a sovrani, prelati, teologi e semplici credenti, affinché tentassero sempre di tutto per la pace. Pochi anni prima, nel dialogo satirico “Giulio escluso dal Cielo”, lo stesso Erasmo aveva raffigurato l’Apostolo Pietro che respingeva dalle porte del Paradiso il papa dell’epoca, il guerrafondaio Giulio II. Quattro secoli dopo, Benedetto XV avrebbe finalmente raccolto l’appello erasmiano: ancora una volta rimasto inascoltato dai più, ma gravido di sviluppi, nonostante gli altri imminenti orrori del Novecento.