Il Duce e il Patto d’acciaio: «L’ora segnata dal destino»
10
GIUGNO
2017
dal “Messaggero Veneto”.
Settantasette anni fa il discorso dal balcone di Piazza Venezia: «Combattenti…» Nel 1938 Mussolini venne a Udine: poco prima a Trieste parlò di leggi razziali
di VALERIO MARCHI
«Combattenti di terra, di mare, dell’aria…»: così recita il celebre discorso tenuto da Mussolini a Roma settantasette anni fa, il 10 giugno 1940. Dal balcone di Palazzo Venezia, il Duce annunciava l’entrata in guerra dell’Italia. Sino a quel momento il nostro Paese si era tenuto ai margini del conflitto con l’originale formula della “non belligeranza”, in attesa del momento propizio. Ma quando Mussolini ritenne che i tedeschi, cui era legato dal “Patto d’acciaio”, stessero ormai avendo la meglio, si decise, affermando che un popolo è davvero grande solo «se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia». Svelò allora, ostentando una «coscienza assolutamente tranquilla», che era scoccata «l’ora segnata dal destino, l’ora delle decisioni irrevocabili». Così, nella speranza di ottenere a poco prezzo una posizione da vincitrice per l’Italia nel futuro ordine europeo, fu dichiarata la guerra a Gran Bretagna e Francia, additate come le «democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente». «Vincere! E vinceremo…», era la parola d’ordine per il popolo italiano, spinto a correre alle armi per dimostrare «tenacia, coraggio, valore»: e tutto ciò non mancherà, nonostante il terribile esito della scellerata decisione.
Una ventina di giorni prima del 10 giugno 1940, a Udine, in Piazzale XXVI Luglio, era stato consacrato il Tempio Ossario, che accoglie i resti di 25mila caduti della Grande guerra. Chi avrebbe potuto immaginare, in quell’occasione, non solo e non tanto l’imminente ingresso nella Seconda guerra mondiale, quanto, soprattutto, che quello stesso edificio sacro sarebbe poi divenuto il centro della Resistenza in città? Ma facciamo qualche passo più lungo all’indietro.
Il 20 settembre 1938 Mussolini visitò Udine (mentre per inciso due giorni prima, a Trieste, aveva annunciato l’imminente promulgazione delle leggi razziali, che avrebbero spalancato l’abisso della Shoah anche in Italia). Ma nel capoluogo friulano Mussolini si era già recato, da guida riconosciuta del fascismo, il 20 settembre 1922, quando parlò al Teatro Sociale in occasione di un convegno dei Fasci friulani, annunciando di voler marciare su Roma.
Ecco perché nel settembre 1938 il quotidiano Il Popolo del Friuli affermò: «Mussolini e il Friuli sono al vertice di un ciclo eroico», e intitolò: «Il ritorno trionfale e il discorso del Duce nella città dell’Annunciazione». Ricordando il settembre 1922, sedici anni dopo Mussolini enfatizzò con la sua consueta retorica che la vecchia “italietta” si era alzata «fieramente in piedi»: era la «nuova Italia fascista: dura, volitiva, guerriera». Poi aggiunse, sempre riferendosi al 1922: «Eravamo decisi a tutto, anche a combattere se fosse stato necessario, pur di vincere e di attuare il programma che io annunciai nella vostra città». E ancora: «Il consuntivo di questi sedici anni è confortantissimo: abbiamo sicure le nostre frontiere, abbiamo riconquistato la Libia… Siamo forti per terra, per mare, per cielo, come non fummo mai. Ma oltre alla potenza delle armi noi possediamo oggi la potenza dello spirito»: l’«anima italiana» era infatti diventata, a suo dire, «un blocco di temprato metallo», pronto a combattere senza la minima esitazione. Il Duce continuò dicendo che nel 1922 le camicie nere marciarono su Roma, ma che «negli anni successivi la marcia partì da Roma», ed esclamò: «Non è ancora finita. Nessuno ha potuto fermarci. Nessuno ci fermerà!». Gli esiti storici dimostreranno invece l’esatto contrario.
Torniamo al giugno 1940. «Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione», disse Mussolin