Il 1º maggio a Udine: festa del lavoro e della Liberazione
30
APRILE
2017
dal “Messaggero Veneto”.
In Friuli la Resistenza fu più coriacea e sanguinosa. Origini nell’Ottocento, ma il fascismo la cancellò
di VALERIO MARCHI
UDINE. «Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire!».
Quest’ordine del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, letto da Sandro Pertini da Radio Milano Liberata il 25 aprile 1945, risuonò nel Nord Italia anche nei giorni successivi.
Il 25 aprile sarebbe poi diventato la data della festa nazionale della Liberazione; ma in Italia, nel ’45, la guerra proseguì sino agli inizi di maggio. Udine, ad esempio, fu liberata il 1º maggio, nelle battute finali e sanguinose di una Resistenza che è valsa al Friuli, e per esso alla città di Udine, la Medaglia d’oro al valor militare: la motivazione, riportata per esteso sulla targa commemorativa situata sotto la Loggia del Lionello, onora il «glorioso sacrificio» del popolo friulano e la sua «lotta che sa di leggenda».
Si potrebbe dire, dunque, che Udine fu liberata nel giorno della Festa del Lavoro. Ma la storica ricorrenza del Primo Maggio, che aveva fatto il suo ingresso ufficiale in Italia nel 1891, era stata soppressa sotto il fascismo che, ritenendola sovversiva, l’aveva fatta coincidere col “Natale di Roma” del 21 aprile. Era stata infatti la Seconda internazionale socialista, riunitasi per chiedere la giornata lavorativa di otto ore (poi gradualmente riconosciuta in Italia fra il 1919 e il 1923), a definirne i contorni fra il 1889 e il 1891.
La data del 1º maggio fu scelta in ricordo della durissima repressione subita, a inizio maggio 1886, dagli operai manifestanti in massa a Chicago. Ma le origini risalgono anche a fatti precedenti (il 1º maggio 1867, ad esempio, l’Illinois sancì la giornata lavorativa di otto ore). Nonostante la dura risposta di molti governi, il Primo Maggio 1890 registrò un’altissima adesione in molti Paesi.
In Italia, il Primo Maggio venne ripristinato con la Liberazione. Fra i due termini, dunque, il nesso è forte. E la vasta piazza di Udine chiamata un tempo (ma ancora nota con questo nome) Giardin Grande e poi (dal 1866) Piazza d’Armi, divenne Piazza 1º Maggio: Festa del Lavoro in un Paese libero. La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, inizia così: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro».
L’art. 4, poi, aggiunge: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto», specificando poi il loro dovere «di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».
Sulla stampa udinese, in occasione del 1º Maggio 1946, leggiamo: «Al centro delle discussioni fra gli operai e argomento scottante per gli oratori è stato il problema della disoccupazione». E ancora: «Nella giornata della festa del lavoro ricorre per noi friulani il primo anniversario della nostra liberazione. È oggi un anno che le formazioni partigiane liberarono la nostra città, che gli operai uscirono armati dalle nostre fabbriche che avevano difese dalle minacce del nemico nazifascista».
L’Italia è fondata sul lavoro e la Costituzione impone di rendere concreta la possibilità di avere un’occupazione che permetta di esprimere a ciascuno la propria libertà personale, contribuendo al bene comune. Gli sconfortanti dati odierni sulla disoccupazione non sono giustificabili come potevano esserlo quelli dell’immediato dopoguerra. Urge ridare pieno e solido fondamento alla Repubblica.