La prima volta al voto nel segno del tricolore: andò alle urne il 60%
7
DICEMBRE
2016
dal “Messaggero Veneto”.
La chiamata scattò a un mese dal plebiscito di annessione Ballottaggio il 2 dicembre: vinsero i moderati di Valussi
di VALERIO MARCHI
In Friuli le prime elezioni politiche per la Camera dei Deputati (era la nona legislatura) si tengono il 25 novembre 1866 (con ballottaggio il 2 dicembre), un mese dopo il plebiscito di annessione.
Nel frattempo, il re ha visitato Udine il 14 novembre e il periodico “L’Artiere” di Camillo Giussani, pur compiacendosi per la «nuova dimostrazione di patriottismo» in città, avverte che «la più bella ovazione che si possa fare a Vittorio Emanuele è quella di mostrarsi degni dell’indipendenza e delle libere istituzioni»: bisogna dunque «smettere quell’apatia per la cosa pubblica e per gli interessi della nazione che ci ha lasciate nelle ossa la patita schiavitù straniera».
Sulla stessa linea il “Giornale di Udine”: «La maturità di un popolo si manifesta nel modo in cui esercita i suoi diritti e i suoi doveri verso il Paese».
Ecco perché, dopo le elezioni, tutti i friulani s’impegneranno al massimo: essi, infatti, sono «custodi dei confini d’Italia» e, «più lontani dai centri, hanno più di tutti bisogno di fare da sé e di mostrare che sanno fare per sé e per l’Italia».
Si confrontano – non senza personalismi, e con obiettivi di fondo ancora alquanto generici – due schieramenti: da una parte il moderato Circolo indipendenza con il “Giornale di Udine” (attivo da inizio settembre) diretto da Pacifico Valussi, vicino alla cauta politica governativa ed espressione della ricca borghesia imprenditoriale, che prevarrà.
Dall’altra c’è il progressista Circolo popolare, più sensibile ai problemi dei meno abbienti, formato soprattutto da liberi professionisti di stampo mazziniano e garibaldino, talora con aneliti repubblicani e legati al quotidiano d’opposizione “La Voce del Popolo” (che ha esordito il 30 luglio, pochi giorni dopo l’arrivo delle truppe italiane a Udine).
Le due testate hanno in comune i presupposti ideali del liberalismo e l’anticlericalismo, ma divergono nel metodo e per talune finalità.
Il limitato corpo elettorale implica una campagna politica mossa, ma senza comizi o forme clamorose di propaganda. Si tenta persino – benché senza successo – di allineare le due parti. In generale, comunque, il primo intento – al di là dell’esito del voto – è quello di tutelare il tessuto economico, morale e culturale della società veneto-friulana.
E ci si dice certi che, facendo valere «gl’interessi veneti nell’Italia e gl’interessi nazionali nel Veneto», il Veneto «compenserà abbondantemente lo Stato di ciò che esso farà per lui».
Fra i “popolari” Mario Luzzatto, patriota della prima ora, ritiene che i friulani, pur potendo chiedere l’aiuto del Governo, devono «tentare di dipendere il più presto possibile dalle sole loro forze».
E Valussi, sull’altra sponda, auspica una struttura regionalistica che lasci libero sviluppo agli enti locali.
Dal canto suo, Gherardo Freschi invita ad «anteporre l’interesse generale della nazione all’interesse regionale e provinciale, ma senza perdere di vista che il benessere del tutto avanza con quello di ciascuna delle sue parti». E, fra gli ostacoli alla crescita, indica «ignoranza, superstizi. one e abbruttimento della bassa classe del popolo, ineguaglianza delle imposte che nel Veneto pesano eccessivamente sulla terra, difetti delle legislazioni e dell’amministrazione pubblica».
Raccomanda infine che i deputati siano «conciliativi, ma indipendenti e soprattutto incorruttibili», per avere il diritto morale di «offrire se stessi al loro Paese».
Non mancano i contrasti, ma – scrive fiduciosa la “Voce del Popolo” – «dalla discussione la luce, dalla percossa la
scintilla».
Intanto, ciò che più conta è che «tutti gli elettori concorrano al voto», affinché «il primo atto della nuova vita politica sia solenne e imponente»: «Che questa prima prova delle elezioni possa servirci di lezione per l’avvenire» è l’auspicio.