Il dono tricolore delle udinesi: «E ora liberateci dall’Austria»
12
MARZO
2016
dal “Messaggero Veneto”.
Il 14 marzo 1860 dal Friuli arrivò a Reggio Emilia la bandiera «ricamata di soppiatto» Ciconi scrisse: «Le donne di colà l’hanno trapunta, porta i saluti di chi soffre e spera»
di VALERIO MARCHI
Giunse dal Friuli a Reggio Emilia, il 14 marzo 1860, un’offerta patriottica: donne udinesi avevano confezionato, avvalendosi di oblazioni affluite nelle mani dei notabili friulani Giuseppe Giacomelli e Carlo Kechler, un tricolore per la Brigata Ravenna, 38° Fanteria, di cui facevano parte anche volontari friulani; al reggimento fratello del 37° Fanteria fu consegnato invece un vessillo cucito da patriote istriane. L’auspicio era quello della liberazione delle terre ancora soggette all’Austria. L’affrancamento del Friuli centro-occidentale si sarebbe realizzato sei anni dopo.
Il Comitato Politico Segreto del Friuli aveva incaricato gli insigni compatrioti Prospero Antonini, Guglielmo de Rinoldi, Pacifico Valussi, Fabio Pera e Ottaviano di Prampero di trasferire la bandiera da Milano – dov’era giunta da Udine – a Reggio Emilia. Il 2 gennaio 1860 l’Antonini aveva scritto da Torino al de Rinoldi: «Le signore udinesi stanno ricamando di soppiatto una bandiera da regalare a un reggimento dell’Italia Centrale colla iscrizione: Le donne friulane mandano in dono»; il 18 febbraio, poi, aveva riferito del «vessillo ricamato dalle donne friulane prima degli ultimi di questo mese”»(vessillo che, per l’appunto, sarebbe poi arrivato a Milano nelle mani del Valussi, l’illustre giornalista e patriota di Talmassons); il 1° marzo, ancora, aveva comunicato che la bandiera, giunta a Milano, era «magnifica, e con molta ricchezza e buon gusto lavorata».
In quel 14 marzo di Reggio Emilia si diffuse fra l’altro una lirica, poi clandestinamente divulgata in Friuli, opera del celebre poeta-soldato sandanielese Teobaldo Ciconi: «Dal mio Friuli una bandiera è giunta / Di lagrime bagnata, / Le donne di colà l’hanno trapunta, / Le donne di colà l’hanno mandata! / Questa santa bandiera / Porta i saluti di chi soffre e spera. / Sventolerà col nuovo sol di maggio / Sui campi dell’italico coraggio, / Per poscia ritornare dond’è partita. / Tinta di sangue, ma d’allor vestita. / Viva la terra mia, / La santa bandiera, e chi l’invia!».
Dal canto loro, gli estensori dell’indirizzo della delegazione friulana ricordarono che la loro terra «fu sempre porta alle strane genti», giacché da sempre soffrí «piú d’ogni altra regione italiana l’ingiuria e il danno delle invasioni»; quindi, riferendosi alla «bandiera dalle donne friulane trapunta», scrissero che «la forte gioventú friulana non mancò all’appello dell’Italia, sebbene fosse la piú lontana dal centro», incitando: «Riportateci voi medesimi il vessillo, che nelle vostre mani diverrà glorioso, perché radunerà intorno a sé gli eroi della indipendenza italiana e sarà consacrato dal sangue sparso per la Nazione. Furtivo venne a voi, ma quando sarà purgata questa terra della sozzura che l’ingombra e potrà spiegarsi nella piazza di Udine… allora vedrete tutti i friulani inginocchiarsi davanti a questo vessillo che porta il loro e il vostro nome e baciarlo come una santa reliquia, allora ritroverete in ogni friulano un fratello».
La riproduzione della bandiera in oggetto, custodita dai Musei Reali di Torino (Armeria Reale), risulterà senz’altro gradita non solo ai cultori di storia, ma ai friulani tutti, nel ricordo di tempi che è doveroso rievocare a centocinquant’anni dall’annessione del Friuli centro-occidentale al Regno d’Italia.